L’ansia appresa

Secondo la terapia cognitivo-comportamentale, l’ansia si può apprendere. Quindi quando qualcuno ha il disturbo di panico significa che ha imparato ad avere gli attacchi di panico.

Semplificando le cose possiamo dire che l’organismo vivente dotato di sistema nervoso ha la caratteristica peculiare di imparare, allo scopo di adattarsi all’ambiente e sopravvivere. Ad un livello molto elementare, possiamo pensare per esempio ad una lumaca che ha un solo neurone, l’apprendimento avviene gradualmente, con una serie di stimoli, spiacevoli per l’organismo, che un po’ per volta fanno sì che si vada a chiudere un circuito. E l’organismo, dal momento dell’apprendimento in poi, risponde allo stimolo spiacevole in maniera più adattiva. Questo vale a vari livelli per tutti gli organismi dotati di sistema nervoso. Se le cose non funzionano a dovere, il circuito si chiude quando non dovrebbe, portando l’organismo a reagire a qualcosa che non c’è.

Il disturbo di panico è un po’ questo. Un meccanismo di protezione che si è inceppato e funziona male.

Prendiamo un’altra analogia. Immaginate di dover prendere molto spesso un’auto, che per diverse volte di seguito vi dà la scossa tutte le volte che scendete e chiudete lo sportello. Ora, probabilmente già dopo un paio di volte comincereste a fare attenzione a come toccate lo sportello nella speranza di non essere ulteriormente colpiti dalla scossa. Forse un’esperienza del genere vi è già capitata. Ma immaginiamo che invece di una normale scossa ne prendiate una molto più forte, così forte che è come se prendeste la corrente dalla presa a muro. In questo caso stareste molto attenti a non toccare affatto lo sportello, ingengnandovi come potete pur di non incappare nuovamente in quel problema. Forse riuscireste a toccare solo il vetro, forse comincereste ad andare in giro con qualcosa di isolante con cui chiudere l’auto oppure con dei guanti di gomma (in questa analogia stiamo dando per scontato che non possiate portare l’auto dall’elettrauto perché trovi una soluzione definitiva). In pratica evitereste ad ogni costo di prendere un’altra volta la scossa.

Immaginiamo ora che il fenomeno della scossa dello sportello fosse dovuto a un fattore temporaneo che con il passare del tempo fosse andato via da solo. Ma voi non lo sapete e continuate ad usare il metodo di chiudere lo sportello senza doverlo toccare direttamente perché ormai avete imparato a fare così. Ma cosa avete imparato, esattamente? Oltre ad imparare come evitare la scossa, in realtà avete imparato soprattutto ad avere paura della scossa.

Dopo poco tempo il problema elettrico temporaneo dell’automobile passa e, da un certo punto in poi, la scossa cessa di esistere, ma voi, visto che comunque la evitate tutte le volte, non potete saperlo. Se lo choc che avete subìto le prime volte era abbastanza forte, ci sono buone probabilità che, anche se sapeste con una ragionevole dose di certezza che la scossa non c’è più, abbiate abbastanza paura da continuare a evitare di toccare lo sportello direttamente, perché ormai, questo, quello di avere paura è una risposta appresa. Se fate molta attenzione, e riuscite a dominare la paura potete riuscire a toccare lo sportello, ma solo dopo aver saggiato con la punta delle dita che la scossa è assente. Inoltre, il tempo che ci vorrà perché disimpariate la risposta errata è direttamente proporzionale al tempo in cui avete evitato il comportamento a rischio, cioè di toccare direttamente lo sportello. È un po’ come se, visto che non è possibile appurare cosa vi sia oltre la collina, si desse per scontato che ci sia un mostro e la paura di questo mostro non fa altro che rendere pressoché impossibile la discesa dall’altra parte della collina.

Perché avvenga il meccanismo che porta al disapprendimento, insomma, occorre che in qualche modo si possa sperimentare che toccare lo sportello direttamente non porta ad una scossa elettrica. Anche così però, le vecchie abitudini non sono facili da eliminare, quindi occorre che l’esperienza senza scossa si ripeta un numero sufficiente di volte, anche questo numero proporzionale alle volte in cui si è evitato il comportamento in questione.

Secondo il mio punto di vista, con gli attacchi di panico e l’ansia in generale, questo meccanismo dell’ansia appresa appena descritto rappresenta una componente della causa del panico e, più precisamente, la parte più superficiale del fenomeno, l’innesco del processo. Ma naturalmente in questo modo si sorvola completamente sull’angoscia che rende possibile l’instaurarsi del ciclo di paura-attacco che caratterizza questo disturbo.

3 commenti su “L’ansia appresa”

  1. buon giorno,io mi chiamo Maria e sono appena 2anni che abito in Francia all’inizio ho sofferto tanto la mancanza della mia famiglia in più ho sofferto anche tanto x l’indifferenza per questa mia situazione, di una mia amica che abita qui in Francia (e che lei mi ha aiutato a trovare un lavoro qui).Insomma ho sofferto parecchio.Ma ora sto bene,tanto che non ritornerei di nuovo a Napoli.Ma l’altro giorno mi é arrivata una forte crisi,e leggendo il vostro articolo mi sono rispecchiata in esso.Oggi é il terzo giorno ma ho sempre il terrore che si ripeta,nel frattempo sto prendendo del magnesio e del lexomil.E mi sento tanto debole,ho avuto tanta paura,mi sentivo di morire!

  2. AngelaRaffaella Belgiovine

    ciao ho 35 anni soffro di attacchi di panico da 11 anni nonostante tutto sono riuscita a fare 3 figli 8 anni 6 anni e l’ultimo ha 6 mesi però da tre anni a questa parte è peggiorato fino al punto che ormai ho paura di tutto sono stanca di dipendere da mio marito ho paura a stare a casa sia da sola che con i miei bambini nn vado mai a fare la spesa se non con mio marito non vado mai ad accompagnare i bambini a scuola se non con mio marito insomma faccio tutto con mio marito e sempre con la macchina parcheggiata vicino al posto dove mi devo recare perchè mi sembra impossibile o meglio irragiungibele una sistanza anche solo di 10 metri mio marito ha dovuto lasciare il lavoro……………..aiutatemi ho paura di non sopportare più questa situazione e commettere qualche sciocchezza da premettere ke seguo una cura farmacologica

  3. Gentilissimo, mi ritrovo nelle sue paure. A me succede però di aver visto che una forte stanchezza fisica scatena un attacco. è un cosa che prima non si presentava e ora leggo la stanchezza come un precursore dell’ansia. In realtà non capisco se c’è una componente biologica (sotto stress fisico non produco serotonina) oppure un pregiudizio (credo che sia così perchè m’è successo altre volte).
    la cosa non mi dà pace, perchè – credo che altri ansiosi abbinao sperimentato questo dubbio – non capisco quanto c’è della mia volontà e quanto invece ci sia una componente biologica con cui fare i conti, da accettare.
    Prendo paroxetina da anni, e ora ho l’impressione che regoli sì l’umore, ma non abbia più effetti sugli attacchi di panico che sono tornati.
    E poi mi domando se anni di paroxetina (alemno 5 continuativi) non mi faranno male…sebbene la prenda sotto cura di un medico psicoterapeuta.

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